L’Aula di Montecitorio approva la Manovra Correttiva, comprensiva dell’emendamento che abroga il RD 148/31, spina dorsale del Comparto dei trasporti
Il Decreto Legge sulla Manovra correttiva (n. 50 del 24 aprile 2017) ha incassato, nella seduta del 29 maggio, il disco verde dalla Camera dei Deputati, con 218 voti favorevoli, 127 contrari e cinque astenuti. Tra le piaghe del provvedimento, sui cui il Governo Gentiloni ha posto la questione di fiducia, l’emendamento della deputata Stefania Covello del Pd (27.40) che stralcia, con una manciata di righe, il Regio Decreto 148/31, l’ossatura portante degli Autoferrotranvieri italiani e dei trasporti pubblici. Dove sono le opposizioni?
La Manovra bis ora passa al vaglio Senato dove, secondo la disamina del Sole24, “il governo potrebbe perdere voti, ma potrebbe comunque riuscire ad andare avanti in quanto i senatori che non entrano in Aula a votare abbassano il quorum. Diversa sarebbe, invece, la situazione ove quegli stessi gruppi decidessero di astenersi formalmente: in base al regolamento di Palazzo Madama, infatti, in Senato l’astensione vale come voto contrario”.
Al netto delle polemiche, l’ennesima rilettura della lotta tra Guelfi e Ghibellini, sull’emendamento della deputata calabrese, ora legge, nessuno, da una parte dell’emiciclo, si è assunto la responsabilità di opporsi o di gridare allo scandalo, data la delicatezza del tema, soprattutto quando, in sede referente, era ancora possibile modificare il provvedimento del governo. “Il regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 – recita l’atto –, e la legge 22 settembre 1960, n. 1054, sono abrogati, fatta salva la loro applicazione fino al primo rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro di settore e, comunque, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Tanto per essere chiari, nella commissione Bilancio della Camera, che il 27 maggio ha licenziato l’intero pacchetto economico, comprensivo degli emendamenti, sono rappresentati la maggioranza dei gruppi parlamentari di Montecitorio: il PD con 21 deputati, MDP 3, NCD 2, PDL 4, SI 2, ALA 1, MISTO 3, Lega Nord 2, FDI 1, CD 1, CI 1 e M5S 6 componenti.
Che una parte del Pd sia favorevole a sradicare le radici degli autoferrotranvieri, nel profondo, e togliere certezze ai trasporti pubblici locali, è cosa pressoché scontata. Ci avevano provato con la Riforma Madia (Legge 124/2015), all’interno della quale ruotava uno obbrobrio simile all’emendamento Covello, ma gli era andata male, perché la Corte Costituzionale gli ha rimandato indietro la Riforma, ritenendola “parzialmente incostituzionale” (sentenza n. 251/2016). Ma gli altri, e cioè quelli che nelle campagne elettorali vanno in giro nei depositi/rimesse a chiedere i voti? Che fine hanno fatto e perché sono rimasti silenti? Delle due l’una, o ignorano l’importanza del R.D. 148/31 oppure è stata raggiunta un’intesa sotterranea e trasversale. Che coinvolge tutti, non si scappa.
Le perplessità aumentano, perché nelle Regioni, interpreti principali per effetti del decentramento amministrativo (Testo V della Costituzione), anche i Governatori finora sono rimasti con le bocche cucite. E perché, altra cosa sfuggita a molti, mente la commissione Bilancio era impegnata a discutere la Manovrina, l’ex-assessore capitolino ai trasporti Walter Tocci, ora senatore sempre del Pd, invitava il suo partito a sostenere il Referendum consuntivo promosso dai Radicali. Iniziativa, quella dei Radicali, che, letta tra le righe, non farà altro che ampliare gli effetti destabilizzanti dell’emendamento Covello, depauperando, per giunta, specialmente in termini mediatici, uno dei colossi in mano pubblica, l’emblema dei trasporti per antonomasia, e cioè l’Atac SpA. Con un immenso bagaglio patrimoniale, immobiliare e chilometrico, che fa gola a tutti.
Vista con gli occhi del trapassato, lo scenario che si prospetta è poco idilliaco. Senza la 148 e senza l’Azienda Capitolina tra le scatole, infatti, che comunque è un importante punto di riferimento, sarà di certo più semplice riscrivere le regole del settore, ma non secondo le esigenze dei lavoratori e degli utenti, bensì secondo le esigenze del mercato e del profitto.
Da lunedì 5 giugno, il Decreto Legge inizierà l’iter al Senato, per la seconda lettura. Il provvedimento è affidato alle commissioni Affari Costituzionali e Bilanci, convocate per tutta la prossima settimana. Il decreto sarà poi discusso dall’Assemblea dal prossimo 13 giugno, quando approderà in Aula, che avrà tempo fino al 23 giugno per approvarlo definitivamente. “Chiederemo ai senatori di cancellare quell’emendamento – ammonisce la Segreteria SULCT Lazio, primo Sindacato a scoprire e denunciare quanto sta accadendo -, vigileremo le votazioni con sit-in di protesta sotto palazzo Madama, per capire qual è il futuro che i senatori vogliono riservare al TPL. Non crediamo più che l’affossamento di Atac sia un caso, in Italia, infatti, ci sono molte aziende a capitale pubblico con bilanci in attivo, ciò significa che la politica quando vuole sa far quadrare i conti”.
Il SUL lancia l’allarme: “Emendamento contro gli Autoferrotranvieri italiani”