Si è concluso dopo le 14 il presidio sotto la sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al grido «la 148 non si tocca»
Si è concluso dopo le 14 il presidio sotto la sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, organizzato dal SULCT-USB Lavoro Privato, OrSaTpl, Faisa Confail, UTL e M410. Presenti numerose camice azzurre che, al grido «la 148 non si tocca», hanno nuovamente palesato il proprio disappunto contro la cancellazione del Regio Decreto, voluto dalla maggioranza di governo. «Alla precettazione del Ministro Delrio», attacca il Segretario Regionale SULCT Renzo Coppini, «abbiamo risposto con questa manifestazione e con la proclamazione dello sciopero nazionale di 24 ore per il giorno 6 luglio».
I cittadini a sostegno degli Autoferrotranvieri. A sostegno dell’indignazione della Categoria, Clash City Workers, collettivo fatto di lavoratrici e lavoratori, disoccupate e disoccupati, attivi particolarmente a Napoli, Roma, Firenze, Padova, Milano e Bergamo. «Detto fatto, bisognava limitare il diritto di sciopero», scrivono sulla pagina Facebook, «e quello di oggi all’ATAC di Roma chiamato da USB è stato precettato. La scusa è criminale, fa caldo e la gente non può aspettare l’autobus. Peccato che li abbiamo dovuti aspettare lo stesso. Autobus spesso senza aria condizionata, fatiscenti e carenti: perché il problema del trasporto pubblico è la scarsità di investimenti nel servizio, sono i tagli alle risorse, sono le clientele costruite da politici e sindacati collusi». «Noi non ce la siamo bevuta», rincarano, «e per questo siamo andati a sostenere gli autisti che manifestavano davanti al Ministero dei Trasporti a difendere i propri diritti. Sperano di metterci gli uni contro gli altri, di usare la rabbia del popolo contro sé stesso e così alimentare la corsa al ribasso nelle condizioni di lavoro. Reagiamo compatti».
L’opposizione in piazza. Con gli Autoferrotranvieri i parlamentari Andrea Cioffi e Michele Dell’Orco. «Il Pd con un emendamento a firma Covello, approvato di recente all’interno della manovrina, vuole abrogare il Regio Decreto che tutela la loro professione. Una misura che al Senato abbiamo cercato di bloccare con un nostro emendamento soppressivo, che però è stato respinto». «Dobbiamo attenderci una nuova stagione di licenziamenti con ricadute sul welfare e su un servizio essenziale per i cittadini come il trasporto pubblico? Il Governo chiarisca e dia una risposta. Non a noi, ma ai lavoratori e alla società civile».
Le voci della protesta. «La battaglia non finisce qui», tuona Micaela Quintavalle (M410), che dal palco ha salutato la collega Luana Zaratti, bruttamente aggredita durante il servizio, «insieme a tutti gli avvocati dei Sindacati di base, scriveremo una valida alternativa al Regio Decreto, ancora vigente. Inoltre, occorre contrastare l’azione dei Radicali, dando ai cittadini la possibilità di votare un referendum, ma informandoli sul reale contesto del privato, che non metterà le ali agli autobus». «Al ministro diciamo che il caldo fa male a tutti», rincara l’USB, «e che forse sarebbe necessario che anche lui si rinfreschi le idee. Fare il ministro dei trasporti significa costruire un sistema dei trasporti efficiente che è quello per cui lottiamo anche noi e non vietare gli scioperi, tutelare le aziende e sostenere a spada tratta le privatizzazioni. La repressione delle mobilitazioni dei lavoratori sta assumendo dimensioni assolutamente inaccettabili e quando la corda si tende troppo, quando si esagera, si rischia che la storia non vada sempre come si era previsto».
«Vogliamo esprimere solidarietà alla collega Micaela, il suo mancamento, nulla di grave per fortuna, è la dimostrazione dello stress cui siamo sottoposti», chiosa il Segretario Coppini, che aggiunge: «Siamo stati ricevuti dal capo gabinetto del Ministro, al quale abbiamo ribadito la nostra ferma posizione, e cioè che una legge non può essere sostituita dal Contratto Collettivo Nazionale. La mobilitazione prosegue, attraverso le assemblee nelle rimesse/depositi e con lo sciopero nazionale di 24 ore del 6 luglio. Noi non ci fidiamo di questo governo», prosegue, «raccoglieremo le firme e presenteremo una proposta di legge popolare, che reintroduca i diritti sacrosanti degli Autoferrotranvieri, che ci hanno scippato di soppiatto abrogando la 148».