Il testo della lettera aperta inviata al noto giornalista e conduttore Gramellini, in merito alla drammatica situazione della RomaTpl
Roma 19 Gennaio 2018
Prot. N. 507
c.a. Dottor Massimo Gramellini
c/o RAI 3
c/o Corriere della Sera
Organi di Stampa
Egregio Dottor Gramellini,
l’8 novembre scorso ha portato a conoscenza dell’uditorio, lettori del Corsera e telespettatori di RaiTre, dell’originale protesta messa in atto dagli operai tessili della Bravo, con sede a Istanbul. Ha scritto che “da qualche giorno, chi prende in mano un vestito negli spacci di alcune catene di abbigliamento ci trova dentro un biglietto: Il capo che stai per acquistare è stato realizzato da me, ma non sono stato pagato per questo”, rimarcando che “il meccanismo di questa caricatura di capitalismo, che ai veri liberali fa venire il voltastomaco, è perverso ancorché supinamente accettato dal pensiero unico come ineluttabile”.
Nulla da eccepire, ma se provasse ad andare al di là delle mura Aureliane, beh, si accorgerebbe che Istanbul comincia proprio da lì. Dalle strade della periferia romana, battute in special modo da autobus urbani di color grigio, i cui conducenti a stento riescono a vedere lo stipendio e, se vogliamo, i contributi INPS. Lavoratori, cittadini, ma soprattutto – e ci consenta del sano patriottismo – Italiani, che sono umiliati, vessati, aggrediti e financo decurtati dei loro legittimi diritti. Eppure, analogamente agli operai della Bravo, continuano a lavorare, salgono imperterriti in vettura e adempiono al proprio dovere, anche se schiacciati dai debiti e dai mutui, anche se non hanno neanche gli spiccioli per la benzina o per sorseggiare un tazzina di caffè.
Già, non si direbbe, ma quanto da lei narrato accade pure a Roma, nella Capitale del Mondo, ai dipendenti della società Roma TPL e dal Consorzio Cotri, formato dalla Troiani, dalla Mauritius etc., che gestiscono, per conto del Comune, il 20 per cento delle linee di superficie. Le quali, oltre a pagare le mensilità sistematicamente in ritardo, non versano le quote dei fondi pensione, le cessioni del quinto, i contributi regionali dei CCNL di categoria. Immaginabili i disagi in ambito familiare.
Del resto, sono gli effetti delle liberalizzazione, malsane, della privatizzazione indiscriminata del trasporto pubblico locale, infarcita di quella “caricatura di capitalismo” che tanto ripudia. Solo che agli autisti della Roma TPL, sebbene la vertenza si protrae da anni, non viene concessa la medesima attenzione mediatica; anche se, mesi addietro, prima degli operai della Bravo, avevano affisso sulle vetture un cartello esplicativo: “autobus condotto da personale senza stipendio”. E per fortuna che ci sono le Organizzazioni Sindacali come quelle che rappresento, altrimenti nessuno gli avrebbe dato spazio e voce.
Noi non molliamo, proseguiamo la nostra dura battaglia, accanto ai Lavoratori, in silenzio, sia chiaro, a Lei chiediamo, invece, di essere il megafono di questa vicenda – stomachevole! – che, considerate le similitudini, non è poi così diversa da quella di Istanbul.
Distinti Saluti
Segreteria SUL-CT Lazio